Introduzione. Un riconoscimento che rompe più di un equilibrio
Il 26 dicembre 2025 Israele ha riconosciuto formalmente il Somaliland come Stato indipendente e sovrano. A oltre trent’anni dalla proclamazione unilaterale di indipendenza da Mogadiscio, Hargeisa ottiene così il primo riconoscimento da parte di un membro delle Nazioni Unite. Ma interpretare questa decisione come il semplice adeguamento diplomatico a una realtà de facto significherebbe fraintenderne la portata.
Il riconoscimento arriva infatti in un momento in cui il Corno d’Africa non è più una periferia del sistema internazionale, ma una cerniera strategica tra Africa, Vicino Oriente e rotte globali. La crisi del Mar Rosso, la guerra a Gaza, le tensioni yemenite e la competizione tra potenze regionali hanno trasformato questa regione in uno spazio saturo di interessi sovrapposti. In questo contesto, un atto che sulla carta appare giuridico diventa immediatamente politico e strategico.
La reazione internazionale lo ha confermato. L’Unione Africana ha respinto senza ambiguità il riconoscimento, ribadendo che il Somaliland “rimane parte integrante della Somalia”, mentre Mogadiscio ha denunciato una violazione della propria sovranità. Anche nel mondo arabo —dall’Arabia Saudita ad altri attori regionali — la mossa è stata letta come un fattore di ulteriore destabilizzazione in un’area già attraversata da conflitti e competizioni geopolitiche[1]. Il tema è arrivato rapidamente al Consiglio di Sicurezza ONU, dove il riconoscimento è stato discusso non come questione africana isolata, ma come nodo intrecciato alla crisi di Gaza e alla sicurezza del Mar Rosso[2].
Il tabù africano dell’integrità territoriale
Per comprendere la durezza della risposta africana è necessario partire da un principio strutturale dell’ordine postcoloniale: l’intangibilità dei confini ereditati. Il Somaliland rappresenta da decenni un’anomalia: uno Stato “che funziona” senza riconoscimento internazionale. Proprio per questo, il suo caso è sempre stato trattato con estrema cautela. Riconoscerlo significherebbe accettare che una secessione unilaterale possa essere premiata, aprendo la strada a una moltiplicazione di rivendicazioni analoghe in tutto il continente.
La posizione dell’Unione Africana non è quindi una semplice solidarietà verso Mogadiscio, ma una forma di autodifesa sistemica. Accettare un riconoscimento esterno equivarrebbe a legittimare l’idea che attori extraafricani possano ridefinire confini e statualità secondo interessi propri. Anche l’IGAD ha ribadito che ogni riconoscimento unilaterale viola i principi condivisi di stabilità regionale.
Dal punto di vista della Somalia, inoltre, la mossa israeliana rischia di cristallizzare una separazione che Mogadiscio considera illegale, rafforzando il Somaliland sul piano economico e securitario e rendendo sempre più remota qualsiasi ipotesi di ricomposizione negoziata.
Bab el-Mandeb e la geografia che detta la strategia
La prima grande implicazione del riconoscimento israeliano riguarda la geografia. Il Somaliland si affaccia direttamente sul Golfo di Aden, in prossimità dello stretto di Bab el-Mandeb, uno dei principali colli di bottiglia strategici delle rotte commerciali globali. Dal 2023, con l’escalation nel Mar Rosso, Bab el-Mandeb è passato dall’essere un corridoio logistico relativamente stabile a uno snodo di sicurezza globale: attacchi, minacce, aumento dei costi assicurativi e deviazioni delle rotte hanno reso evidente la fragilità di questo passaggio.
In questo contesto, ogni tratto di costa stabile e politicamente “disponibile” assume un valore strategico. Il porto di Berbera, già oggetto di interesse da parte di attori del Golfo, diventa una risorsa potenziale anche sul piano della sicurezza marittima e dell’intelligence. Il riconoscimento israeliano va letto in questa chiave: non necessariamente come preludio a basi militari permanenti, ma come apertura a forme di cooperazione logistica, informativa e securitaria che aumentano la profondità strategica israeliana in un quadrante percepito come sempre più ostile.
La reazione yemenita conferma questa lettura. Il capo di Ansarallah, Abdul-Malik al-Houthi, ha dichiarato che qualsiasi presenza israeliana nel Somaliland sarebbe considerata un obiettivo militare legittimo[3]. Con queste parole, il fascicolo passa dalla diplomazia alla deterrenza: il Somaliland rischia di essere incluso nella mappa dei conflitti del Mar Rosso, trasformandosi da spazio marginale a potenziale avamposto conteso.
Il Corno d’Africa come nuovo fronte della rivalità Israele–Turchia
Il riconoscimento del Somaliland non si inserisce però soltanto nella competizione israelo-yemenita. È anche un tassello di una rivalità più ampia che sta spostando l’asse del confronto tra Israele e Turchia verso il Corno d’Africa e il Mar Rosso. Negli ultimi anni, la competizione tra Tel Aviv e Ankara ha superato i confini tradizionali del Mediterraneo orientale e della Siria, estendendosi a nuovi spazi strategici dove porti, basi militari e infrastrutture diventano strumenti di influenza.
Secondo un’analisi di Middle East Eye, la mossa israeliana risponde anche all’esigenza di contenere la profonda presenza turca in Somalia[4]. Dal 2011 Ankara ha investito massicciamente nel Paese: una grande base militare per l’addestramento delle forze somale, la gestione del porto e dell’aeroporto di Mogadiscio, una presenza diplomatica imponente e una rete di cooperazione civile che rafforza il suo ruolo di garante politico-militare della Somalia federale. In questa prospettiva, il riconoscimento del Somaliland viene percepito come un tentativo diretto di erodere quella posizione.
Non è un caso che, dopo l’annuncio israeliano, a giornalisti israeliani diretti a Hargeisa sono stati richiesti visti rilasciati da Mogadiscio: un promemoria concreto del fatto che, al di là delle proclamazioni, la sovranità internazionale sulla regione resta nelle mani della Somalia riconosciuta. Ankara ha reagito con una condanna dura, accusando Israele di destabilizzare ulteriormente una regione già fragile. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha ribadito il sostegno all’unità territoriale somala e avviato nuovi contatti con i vertici politici di Mogadiscio, mentre si discute apertamente di un rafforzamento della presenza turca lungo il Mar Rosso.
Dal punto di vista israeliano, il calcolo è speculare. Il Somaliland rappresenta una possibile piattaforma di accesso in un quadrante dove la Turchia esercita un’influenza significativa e dove è forte la presenza degli Houthi yemeniti. In questo senso, il riconoscimento funziona come atto di posizionamento strategico: segnala che Israele intende essere un attore anche nel Corno d’Africa, estendendo la propria proiezione oltre il Levante. Il rischio è che questa dinamica trasformi l’intera regione in un nuovo teatro di competizione tra potenze regionali, con effetti destabilizzanti a catena.
Il riconoscimento come strumento politico
La seconda grande implicazione riguarda la natura stessa del riconoscimento. Nel dibattito al Consiglio di Sicurezza, Israele ha sostenuto che la propria scelta non comporta antagonismo nei confronti della Somalia e mira ad aprire spazi di cooperazione. Tuttavia, numerosi Stati hanno collegato la decisione a un contesto più ampio, evocando il sospetto — mai formalizzato in accordi pubblici — di piani relativi a Gaza e a possibili ricollocamenti di Palestinesi[5].
Anche se queste ipotesi restano sul piano delle indiscrezioni, il fatto che emergano in sede ONU indica quanto il riconoscimento del Somaliland venga percepito come parte di una “diplomazia dei fatti compiuti”. In un sistema internazionale frammentato, riconoscere uno Stato non significa più soltanto certificare una realtà giuridica, ma creare una leva politica, un precedente e un messaggio indirizzato ad altri attori.
La prudenza di Stati Uniti e Regno Unito è significativa. Londra ha ribadito il sostegno all’integrità territoriale somala[6], mentre Donald Trump ha dichiarato di non essere pronto a seguire Israele nel riconoscimento[7]. Se Israele resterà isolato, l’impatto strutturale della mossa sarà limitato; se invece si aprisse una dinamica imitativa, il precedente diventerebbe molto più pesante.
Conclusione. Un acceleratore di instabilità
Il riconoscimento israeliano del Somaliland non chiude una questione trentennale: la sposta su un piano più alto e più rischioso. Inserisce il Somaliland nella grande partita del Mar Rosso, rompe un tabù africano sull’integrità territoriale e intreccia in modo diretto il Corno d’Africa alle rivalità del Vicino Oriente, in particolare allo scontro Israele–Turchia e alla guerra yemenita. Un atto che, lungi dal limitarsi alla sfera diplomatica, produce effetti a cascata su sicurezza, alleanze e percezioni strategiche.
Da un lato, il Somaliland ottiene ciò che ha inseguito per oltre tre decenni: un riconoscimento formale che rompe l’isolamento e rafforza la narrativa dell’autodeterminazione. È una vittoria simbolica enorme, che consolida l’idea di una statualità irreversibile. Dall’altro lato, però, questa stessa visibilità rischia di trasformarsi in vulnerabilità. Essere riconosciuti da un attore esterno potente significa anche essere inseriti in una rete di aspettative, pressioni e conflitti che sfuggono al controllo locale. Il Somaliland corre il rischio di passare da “eccezione stabile” nel Corno d’Africa a spazio conteso, esposto a ritorsioni, isolamento regionale e strumentalizzazioni geopolitiche.
I primi segnali di questa fragilità emergono già sul piano interno. Le manifestazioni scoppiate in diverse località del Somaliland, in particolare a Boroma, con bandiere palestinesi e slogan contro il riconoscimento israeliano, indicano che la scelta di Hargeisa non gode di un consenso sociale unanime e rischia di riattivare fratture politiche e identitarie latenti. La saldatura simbolica tra solidarietà con la Palestina e rifiuto del riconoscimento israeliano rivela come la questione non sia percepita solo in termini di politica estera, ma come un passaggio potenzialmente destabilizzante per la coesione interna e per l’equilibrio tra élite e popolazione[8].
Per la Somalia e per l’Unione Africana, il riconoscimento rappresenta un precedente potenzialmente destabilizzante. Se l’integrità territoriale viene erosa attraverso iniziative unilaterali, l’intero impianto di contenimento delle fratture postcoloniali rischia di indebolirsi. In questo senso, la reazione africana non è solo difensiva, ma strutturale: riguarda la sopravvivenza di un ordine regionale già messo sotto pressione da conflitti, crisi umanitarie e interferenze esterne.
Sul piano più ampio, la vicenda conferma una tendenza ormai evidente: il Corno d’Africa non è più una periferia del sistema internazionale, ma un fronte avanzato della competizione geopolitica globale. Bab el-Mandeb, le rotte del Mar Rosso, la guerra in Yemen, la rivalità tra potenze regionali e il riflesso permanente della crisi palestinese si sovrappongono in uno spazio sempre più congestionato. In questo contesto, il riconoscimento di uno Stato non è più un atto tecnico o giuridico, ma uno strumento politico che contribuisce a ridefinire equilibri di sicurezza e rapporti di forza.
NOTE
[1] Middle East Eye, “The African Union, Somalia and Saudi Arabia condemn Israel’s recognition of Somaliland,” December 27, 2025, http://www.middleeasteye.net/live-blog/live-blog-update/african-union-somalia-and-saudi-arabia-condemn-israels-recognition.
[2] United Nations, “Security Council Speakers Warn Israel’s Recognition of Somaliland Threatens Stability in Horn of Africa,” December 29, 2025, http://press.un.org/en/2025/sc16270.doc.htm.
[3] Al Jazeera, “Any Israeli presence in Somaliland will be a ‘target’: Houthi leader,” December 28, 2025, http://www.aljazeera.com/news/2025/12/28/any-israeli-presence-in-somaliland-will-be-a-target-houthi-leader.
[4] Middle East Eye, “Israel-Turkey rivalry moves to Horn of Africa after Somaliland recognition,” December 2025, http://www.middleeasteye.net/news/israel-turkey-rivalry-moves-horn-africa.
[5] Michelle Nichols, “Israel defends Somaliland move at UN amid concerns over Gaza motives,” Reuters, December 29, 2025, http://www.reuters.com/world/middle-east/israel-defends-somaliland-move-un-amid-concerns-over-gaza-motives-2025-12-29/.
[6] Reuters, “UK refuses to recognise breakaway Somaliland as independent,” December 29, 2025, http://www.reuters.com/world/uk-refuses-recognise-breakaway-somaliland-independent-2025-12-29/.
[7] Anadolu Agency, “Trump says not ready to recognize Somaliland after Israel move,” December 27, 2025, http://www.aa.com.tr/en/africa/trump-says-not-ready-to-recognize-somaliland-after-israel-move/.
[8] Middle East Eye, “Somaliland: Protests erupt after Israel recognition,” December 27, 2025, http://www.middleeasteye.net/news/protests-erupt-somaliland-after-israel-recognition.
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